Funny Games


Una famiglia borghese in automobile. La cavalleria rusticana di Mascagni e Atalanta di Handel nell'autoradio. Il figlio ascolta sorridendo dal sedile posteriore. La casa al lago: con il prato ben curato, la barca a vela e i vicini gentili. Niente di più stabile, tranquillo e banale. Non fosse che Haneke usa la macchina da presa come a volerne (vivi)sezionare la vitalità. Con piani totali, dall'alto a volo d'uccello e dettagli minimali. La musica lirica e John Zorn che irrompe sui titoli di testa. Spinto dal produttore Chris Cohen a portare negli Stati Uniti la sua opera austriaca del 1997, Michael Haneke ricalca ogni piano dell'originale in un'operazione che non può non ricordare, e lo fa volutamente, lo Psycho di Gus Van Sant. Si sa, negli Stati Uniti, senza il remake, i film stranieri hanno scarsa visibilità. Haneke ne approfitta e, nel clonarsi, sfrutta la bravura dei suoi attori, Naomi Watts, Tim Roth, Micheal Pitt e Brady Corbet, per dare maggior valore alla pellicola grazie all'interpretazione.Non è tutto. Sbarcato in America, Funny Games, che già offriva una varietà di possibili letture, si fa ancora più stratificato. Lasciando dunque spazio alle logiche di ri-produzione, identico all'originale eppur diverso, mostra, tra le altre innumerevoli cose, come un film sia un fatto sociale e contestuale. Nel giro produttivo americano, Funny Games sfrutta le logiche di genere per rendere ancora più potente una sadica critica della società dello spettacolo ai danni di uno spettatore inconsciamente e irrimediabilmente colpevole. Sia ben chiaro, la differenza è talmente minima tra l'originale e il remake, da essere portatrice di senso: ma è lo spettatore a costituire lo scarto, a non poter non vedere il film sotto altre prospettive, anche solo per la presenza degli attori protagonisti.Funny Games è un horror, in quanto mette in scena la perversione dello spettacolo dell'orrore. Ma lo fa in maniera estrema, al punto da divenire parodico, beffa grottesca del cinema e delle sue logiche, dello spettatore e delle sue certezze. I ragazzi vestiti di bianco, sadici e col viso pulito da figli di papà, ricordano i drughi di Arancia Meccanica. Le uccisioni e la dilatazione del tempo, sono una messa in questione del nostro modo di osservare oltre che di quello di rappresentare la violenza. Aggressivo, estenuante, critico e parodico contro le stesse critiche che mette in scena, Funny Games nel suo essere remake di se stesso è un'opera contemporanea che acquista valore e senso nella ripetizione.

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